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Papadir. Amici, ho da recarvi buonissime novelle.

Pare che al cielo nostro si cangino le stelle.
Dei Portoghesi il cuore rassembra intenerito;
Pace le selve acclamano, pace rimbomba il lito.
Camur. Sia ringraziato il Cielo.
Zadir. Di’, vedesti Deimira?
Papadir. Sì; Deimira è cagione, onde ammansata è Tira.
Ringraziarla dobbiamo, che colla sua bellezza
Calmò negl’inimici lo sdegno e la fierezza.
Zadir. Ah Camur, non tel dissi? ecco la figlia ingrata,
All’amor nostro infida, del suo dover scordata.
Camur. Ah Papadir, che narri? La figlia mia nel core
Luogo può aver concesso a un disonesto amore?
Papadir. Questo dir non saprei; so che i due principali
Condottier delle navi sono per lei rivali.
L’uno Alonso si chiama, l’altro Ximene ha nome;
D’ambi il core han ferito quegli occhi e quelle chiome.
Vicino era a Deimira, allor che gli Europei
Lo stil dei lor paesi spiegavano con lei.
Il Brasil da gran tempo dai Portoghesi oppresso,
Usa (per quel eh’io sento) nostro linguaggio istesso;
Parlano francamente la lingua americana,
Qual noi che nati siamo nel sen deila Guajana.
Le donne infra di loro hanno parecchi onori,
Si stimano, s’apprezzano, son gl’idoli dei cuori;
Comandano talvolta, ed han perfino il vanto
Di trar dai loro amanti sulle pupille il pianto.
Non potei trattenermi di dire a quegli eroi,
Come diversamente si trattano da noi.
Dissi lor che le donne in queste selve ombrose
Sono schiave dell’uomo, soggette e rispettose.
Che qui tanto s’apprezzano, quanto la lor figura
Necessaria si rende al ben della natura.
E quando di soverchio 0) donne fra noi son nate,
(1) Ed. Pitteri: tooocrchlo.

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