< Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

SCENA VIII.

Delmira, Don Alonso, poi Piccarino.

Delmira. Perdonate, signore, la mia curiosità.

Tutte le donne vostre hanno ri gran bontà? (con fronte
D. Alonso. Dissimili han le donne gli usi, i costumi e i cuori.
Mia germana, per dirla, non è delle migliori.
Piccarino. Ah signor, soccorrete due poveri infelici,
Contro cui don Ximene scarica l’ire ultrid.
È ver che son selvaggi, ma a tutti fa pietà
Il vederli trattare con tal barbarità.
Delmira. Oimè! chi son codesti?
Piccarino. Parmi che sian chiamati...
SI, Camur e Zadir.
Delmira. Poveri sventurati I
Deh per pietà, signore; voi potete salvarli.
D. Alonso. Sì, lo farò, Deimira; vadasi a liberarli.
Salvisi 3 genitore, cui fi 3 vostro cuore adora.
Salvisi, per piacervi, 3 mio rivale ancora.
(parte con Piccarino
Delmira. Infelice Deimira I ah ri, son sventurata I
A un cuor ri generoso dovrò mostrarmi ingrata?
Sì, la virtù di un cuore ri generoso e pio
Ama l’ingratitudine che vien dal dover mio.
S’io compensar non posso tanto amor, tanto zelo,
Premio è a sè la virtude, e la compensa 3 Cielo, porte
Fine dell’Att° Terzo.
(f) Nella ristampa torinese e aefl’ed’Zatta: che

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.