< Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.
Ed ognun che l’incontra fra selve e fra pastori,

La fellonia detesti e mia pietade onori.
Zadir. Ah tu trovasti 3 modo di rendermi avvilito.
Dovrò per traditore esser mostrato a dito?
Rinfacciar mi potranno i popoli Europei,
Che i selvaggi soltanto di crudeltà son rei)
Non è ver, la virtude regna fra noi non meno;
Finor sdegno protervo me la estirpò dal seno.
Non mi ritorna 3 lume della ragion smarrito
Il timor della morte; son per rossor pentito.
Di tua pietà due volte fu la mia vita un dono.
Di tal esempio in faccia so che un ingrato io sono.
E per potere appieno ricompensar tuoi doni,
Sopra il cor di Deimira cedo a te le ragioni.
Amala pur, sia tua f \ che di tal sorte è degna.
La tua virtude, Alonso, ad emularti insegna.
D. Alonso. Zadir, ti compatisco. SI amab3e beliate
Di un cuore innamorato scusa le colpe andate.
Quelle ragioni accetto che tu mi cedi in lei.
Vieni al mio sen, Deimira, che cosa mia tu sei.
Delmira. Ah no, signor, non basta ch’ei vi ceda il mio core.
Se mi rinunzia un sposo, comanda un genitore.
Camur. Figlia, mia cara figlia, credi me ri inumano.
Che porgere ti vieti ad un eroe la mano?
Ah sì, chiaro si vede da un cori bel costume.
Che gli Europei conoscono della clemenza 3 nume.
Sposati a don Alonso; sia di tal nodo 3 frutto
Rendere il popol nostro colle sue leggi istrutto.
E se finora 3 sole da noi fu venerato,
A venerar c’insegni quello che ha 3 sol formato.
D. Alonso. Popoli fortunati, 3 dolce incarco accetto.
Figli tutti vi chiamo col più sincero affetto.
E tu, bella Deimira, cui dir mia sposa or godo.
Stringi dei nostri cuori colla tua mano il nodo.
(I) Ristampa torinese e Zatta: Amala, che sia tua.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.