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Sull'Oceano di brace 93

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Da tre giorni navighiamo in un mare fosforescente, ma questa sera l’oceano s’infiamma. E il novilunio: il cielo è nero, senza una stella; tutte le stelle dell’universo si sono fuse nel mare, commiste ad un tritume di gemme: smeraldi, zaffiri, rubini. L’Oceano Indiano è tutto di brace: brace verde, brace rossa, brace azzurra, solcata qua e là da strane frotte di creature misteriose, simili a gnomi dalle chiome e dalle barbe prolisse che s’inseguono, folleggiano, si confondono. Dove la nave lacera l’onda, la brace sprizza, crepita, s’infiamma, e la scia è così luminosa che i volti dei passeggieri sembrano chini sopra un cratere.

— .... la pelagia mirabilis da non confondersi con la noctiluca splendidissima....

Il decrepito professor Lebaud mi passa alle spalle con lady Mac-Lewis al braccio.

— Salite al vostro balcone? Verrò anche io tra poco. Pregate molto. Ho una cosa solenne da dirvi.

Quale voce! Le parole scherzose escono senza tono, come se la gola sia strozzata da una mano invisibile. Salgo sull’ultimo ponte, mi rifugio nel piccolo ballatoio a grate, sospeso fuori della nave, tra l’infinito delle acque e dei cieli.

— Un amore.... Come quest’avventura con

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