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canto quinto 111

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  Con le man dietro passeggia, e pur chiede
agli staffier, che sono alla vedetta,
se comparir nessuno ancor si vede;
poi ripasseggia come un’anitretta.
S’affaccia a un specchio, spinge innanzi un piede,
e fa un inchin, poi lo raddoppia in fretta,
poi lo riprova infin ch ’è persuaso:
sceglie il miglior per comparire al caso.
48
  Talor la man sinistra al fesso mette
del giubberello, e spinge il quarto in fuori,
perch’era tempestato di stellette
e fiorellin che mandava splendori.
In mille scorci par ch ’e’ si rassette,
tal che rideano insino a’ servitori,
e talor per ischèmo alcun lo chiama,
dicendo: — E’ par che capiti una dama.
49
  Illustrissimo, certo ella vien via. —
Presto Terigi alla scala correa.
Colui diceva: — Ha preso un’altra via.
Perdio! che qui venisse mi parca; —
poi gli facea le fiche dietrovia.
Non dimandar se la ciurma ridea,
perocché fino i servi erano iniqui
allora e riformati dagli antiqui.
50
  I primi alla rassegna erano giunti
certi cagnotti parigin diserti,
ch’aveano in cento vizi i ben consunti;
e van per case, e gli occhi han ben aperti,
per condannar gli addobbi e tutti i punti
dell’apparecchio, e per farsi ben certi
che ci fosse abbondanza di confetti,
di caffè, cioccolato e di sorbetti.

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