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canto quinto 113

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  La seconda era piccola e ben fatta;
la terza grande e grossa e gigantesca;
la quarta è bella e sembra alquanto astratta,
ma gli occhi l’appalesano furbesca;
la quinta alcun dirla che fosse matta,
ed era la cagfion di quella tresca,
del sghignazzar che prima si facea,
perché ciò che dicesse non sapea,
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  e sempre ragionava alla distesa,
non guardando piú al nero che al turchino.
Tal or dir cosa santa aveva intesa,
ch’era un’oscenitá da malandrino.
L’altre ridean quand’ell’era discesa,
buffoneggiando Avolio paladino,
ch’era servente a lei, siccome intendo,
e lo commiseravano ridendo.
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  Gli altri serventi delle quattro prime,
per fare alle servite cosa grata,
faceano anch’essi un sghignazzar sublime,
Avolio è furbo e accresce la chiassata,
dicendo sol: — De’ gusti non s’estime
buon giudice nessun della brig^ata; —
e baciava la mano alla sua dama,
che nulla s’accorgeva della trama.
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  Fan con Terigfi alcuni convenevoli,
passando poscia al campo di battaglia,
sempre ridenti, ironici e scherzevoli
con Avolio, il qual nulla si travaglia.
Giunsero poi due dame cagionevoli,
che avean le guance color della paglia;
l’una ha gran naso, e l’altra l’ha schiacciato,
e nondimeno hanno serventi a Iato.
e. Gozzi, La Marfisa bizgarra. 8

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