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134 la marfisa bizzarra

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3
  Quel Filinor di Guascogna nel core
l’era rimasto fitto e ribadito,
e la conversazion scacciata ha fuore
di quel buon uom Terigi, suo marito.
— V’andrò — diss’ella — ma senza furore; —
e fermo aveva e preso per partito
di non andarvi risolutamente
senza quel nuovo cavalier servente.
4
  — Io m’annoio — dicea — fuor di misura
senza un uomo di spirito al mio fianco,
perocché Dio m’ha data una natura,
che il nero sa discernere dal bianco.
Io ho d’intorno una certa mistura
di cavalier, co’ quali io svengo, io manco,
con certi magri detti e certi sali,
che desterien gli effetti matricali.
5
  Non c’è rimedio, caso o forma o via,
ch’io possa sofferir cotesti allocchi,
o sia ch’io non gí’intenda, o vero sia
che non intendan essi ciò ch’io tocchi.
Altro non c’è che la prudenza mia,
talor, che mi trattenga, e non trabocchi
e non gli mandi con le mostacciate
a intrattener le monache alle grate. —
6
  Avea Marfisa una sua cameriera
molto fedele alle cose importanti,
che portava le lettere la sera,
dicendo il Miserere, a’ suoi galanti.
Ipalca ha nome, e talor si dispera,
perché i viaggi eran lunghi e pesanti.
A questa un vigliettin diede, e mandava
a Filinoro a dir che l’aspettava;

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