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278 la marfisa bizzarra

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  Rugger dietro la traccia de la suora
a Saragozza assai stanco è arrivato.
Egli era tutto fango e tarda è l’ora:
a casa Ferrati l’uscio ha picchiato;
non che sapesse di Marfisa ancora,
né ch’abbia in Saragozza il pie fermato,
ma per non alloggiar nelle taverne,
che in Spagna son peggior delle caverne.
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  Ferrali gli era stato amico assai,
né spezza l’amistá religione.
Rugger gli aveva scritto sempremai,
mantenendo social correlazione.
Un servo al buio gli rispose: — Andrai
al teatro, se cerchi il mio padrone,
al numer diciassette, all’ordin primo. —
Rugger dal sommo il fé’scendere all’imo.
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  Poiché gli ha consegnato il suo destriere,
vuol ire alla commedia, e giá s’avvia
stanco, con gli stivai, né vuol sedere,
che Ruggero è un gioiel da compagnia.
Tanto gli è ver ch’egli era cavaliere,
che, benché la commedia a mezzo sia,
la paga die’ alla porta interamente
con un sussiego d’uomo indifferente.
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  Al numer diciassette è per picchiare.
— Questa è — dicea — delle belle sorprese;
in trasporto vedrò Ferrati andare,
venirmi incontro con le braccia tese. —
Ma spesso avvien il contrario al pensare.
Ardeano ali or le premesse contese;
Filinor per fuggir da quella guerra,
sbuca e spinge Rugger col culo in terra.

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