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canto duodecimo ed ultimo 291

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  Dov’è quel mascalzon dell’impressario?
Non vo* consigli o fòro o citazione,
né star tre anni in mano col lunario
a legger ferie e di di riduzione.
Non so di merto o d’ordine o divario,
non voglio prima istanza o appellazione:
piú non conosco la ragion qual sia;
voglio pagar la sua bricconeria. —
40
  Or qui in maneggio quella lite andava
tra il conte Orlando e l’avverso avvocato,
il qual di cerimonie il caricava,
vantandosi sincero ed onorato.
Il conte d’un sudor freddo sudava
e chiude gli occhi e chiede esser spacciato.
Dunque per il real lucro cessante
cento zecchin fúr chiesti pel gigante.
41
  Orlando gli pagò subitamente,
piú del solito guercio ma scherzevole,
dicendo: — Ella è un signor conveniente:
la richiesta è discreta e ragionevole.
La prego a riverirmi il suo cliente,
al qual parto obbligato ed amorevole.
Il cielo a lei mandi sempre lavoro
e quanto le desidero nel fòro. —
42
  Il sir d’Anglante gli volse le schiene,
chiama il gigante e mettonsi in viaggio
verso Parigi. — Meco al male e al bene
starai — diceva Orlando, — ma sie saggio. —
Morgante rispondeva: — Io non so bene
se i saggi o i matti trovin piú vantaggio;
vedo nel mondo certe stramberie,
che saran chiare al novissimo die. —

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