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canto duodecimo ed ultimo 313

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  E gridando di dir delle gran cose,
e promettendo de’ volumi assai,
ed insultando l’opre giudiziose
de’ colti, da lor detti «parolai»,
colle dissertazion stolte ampollose,
senza dare un buon libro al mondo mai,
sbalordendo fanciul, donne e merlotti,
fúr per supposizione i matti dotti.
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  A questa epidemia degl’intelletti,
ch’era ridotta un guasto universale,
sei o sette scrittor sani e corretti,
e non entrati ancora all’ospedale,
andavano a Dodone, poveretti,
dicendo: — Poniam freno a tanto male. Dodon
rideva sgangheratamente
del zelo inopportuno e inconcludente,
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  e rispondeva lor: — Cari fratelli,
il mondo letterario s’è ammalato,
vaneggia; i capí sono Mongibelli.
Io son di que’ dottor che l’han sfidato.
Questa è una crisi degli uman cervelli;
l’impedire una crisi è un gran peccato;
lasciatela sfogar — Dodon dicea, —
che forse avrá buon fine. — E poi ridea
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  e soggiungeva: — Il secolo a me pare
pregno di quelle strane gravidanze,
che fanno a donne gravide bramare
cibi sognati e mille stravaganze.
Conviene il suo gran ventre rispettare
ne’ cambiamenti delle circostanze:
rimettiamo alle nostre discendenze
il ripurgar le fetide influenze.

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