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atto terzo. 85

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  Inopportuno, Armilla, e vano e frale
  Vi prende? Di che mai temere? In questa
  Reggia siam salvi.
Arm.                               Adunque, qual cagione
  Vi fa sì strano, impaziente, e torbido
  Disturbator della mia pace, e della
  Pace del fratel vostro, e delle nozze?
  Confessatemi il ver. (con dolcezza) Forse?...
                                               Deh dite...
  Confessatemi il ver. Forse v’han preso
  Queste, quali si sieno, mie fattezze,
  Di stravagante ed improvviso amore,
  Che vi metta in tumulto? Ah no, Jennaro;
  So, ch’io mal penso... è vero? A Millo vostro,
  Che tanto amate, un sì gran torto mai
  Non fareste, o Jennaro... è vero?... A Millo,
  Ch’è le viscere vostre, e sì vi preme.
  Non torreste la vita... è ver?... Piangete!
  Oh Dio, che vedo mai? Piangete!
Jen.                                                 Armilla,
  Non è ver ciò che dite. Amo il fratello,
  Più che le carni mie. So, che in voi stessa
  Amar dovrei del fratel mio la sposa... (a parte
                                               con affanno)
  Troppo dico... che penai... che barbarie!
  (ad Arm.) Altro non posso dir, nè deggio dirvi.
  Nè vi so dire... (s’inginocchia) E solo col
                                               più forte
  Sentimento dell’alma, per l’affetto,
  Che avete pel fratel, per quel dolore,

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