< Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
90 il corvo.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu{{padleft:312|3|0]]

per montarghe in sella, perdoneme, alla Zuecca se ghe dirla bassezze, vendette da scortegaori, e no mai da un Prencipe, come se vù. Se gnente ho mai merita, se amè el vostro onor, se no ave piaser della morte d’un povero vecchio che ve voi ben, espettoreve con mi, feme degno... feme degno della vostra confidenza; no fè, che mora aspettator de quelle desgrazie, che se va descorrendo, e che solo a pensarle me sento a passar el cuor da cento stilettae.

(piange)

Jen. Ah, caro amico, vecchio benemerito,
  Esempio raro d’ogni servo, onore
  Di quell’alma Città, che vi produsse,
  A che cercate di troncar le angosce
  Col raddoppiarle, la ragion cercando
  D’onde la ragion nasce, che v’affligge?
  (a parte) Ah troppo dissi; il sangue mi s’ag-
                                               ghiaccia.

Pant. Via sì, caro; lassemo i parlari da oracoli, paleseme tutto; tronchemo ste dissension; deme quella man; andemo al Tempio insieme, e là in mezzo a tutto el popolo aspettator delle nozze, mostrcve allegro, abbrazzè vostro fradelio, el vostro sangue, deghe un basazzo e femo morsegar tante lengue cagadonae, invidiose della concordia, e della pase.

Jen. (con agitazione) È dunque al Tempio mio
                                     fratello, e seguono
  Le nozze, è ver?

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.