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atto quarto. | 111 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu{{padleft:333|3|0]]
Anche reo mi condanna, (pensa) Nè morire,
Nè fuggir deggio. (pensa) Un sol rimedio resta...
Jen. Sì, caro amico, un sol rimedio resta
Per non fuggir, per non morir infame,
Per far palese l’innocenza mia.
Rimedio per me peggio della morte,
Che le più interne viscere m’agghiaccia
Solo in pensarlo, (a parte) Alfine, oh Dio! si ceda
All’empio mio destin. Di me non resti
Un’infame memoria tra le genti.
Jen. (risoluto) Non più, liberal vecchio. Ecco il
rimedio.
Ite a Millo, fratel; ditegli, ch’io
Pria di morir, di favellargli bramo.
Che, se tra l’opre mie, nella sua mente
Richiamandole tutte, gratitudine
Merita alcuna, non mi nieghi grazia
Di potergli parlar prima ch’io mora.
Più non potrete dirmi allor, ch’io fugga;
Più infame non morrò. Paghi sarete
Di vedermi innocente.
Pant. (con trasporto ed allegrezza) Diseu da seno?
Jen. Il vero io dico.
Ite al fratello. Venga. Ei sarà pago.