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112 il corvo.

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Pant. O caro fio, me fè’ respirar. Ve dago un baso, (lo bacia) e pò corro da vostro fradello. Pregherò, pianzerò, me butterò in zenocchion. Oh che allegrezza che ho da aver! Ve dago un altro baso e pò svolo. (lo bacia con impeto ed

entra)

Jen. Misero vecchio! Quante amare lagrime
  Verserai da quegli occhi, e quante angosce
  Proverà il fratel mio, la Corte, il Regno!
  Ma nessun più di me sarà infelice.

SCENA OTTAVA.

Tartaglia con un foglio, guardie e Jennaro.

Tart. Il cielo sa, Altezza, con quanto dolore, con quanto crepacuore io vengo a lei. Mi trema la voce... non so come incominciar a parlare... ma sono ministro...

Jen. Via sì, Tartaglia, il so. Fu già deciso
  Della mia morte; e ver?

Tart. Per servirla. Ho qui una carta; non so, se averò fiato di leggerla: lei m’intenderà per discrezione. (legge piangendo interrottamente)


  Il Regio Parlamento, esaminate
  Le azioni di Jennaro, e spezialmente
  La furtiva, notturna, a mano armata;
  E ritrovando l’attentato enorme,
  Chiaro, evidente, contro la persona
  Del Re, fratello suo; di morte degno
  Giudicato ha Jennaro. Gli sia tronco
  Il capo in faccia al pubblico, e si mora.

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