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atto quinto. 125

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  Per l’amaro tuo caso non potresti
  Voler, che la mia morte. A te dinanzi
  La mia morte averai. Qui la mia morte
  Seguirà a’ piedi tuoi; (piangendo amaramente)
                                e allor ch’estinto
  Cadrò qui in terra, sotto a’ piedi tuoi
  Fia il mio sepolcro, e tu vittorioso
  Simulacro sarai sopr’al mio capo.
  S’incideran sul mio fatai coperchio
  I tuoi merti, i miei torti e di Morando
  L’enorme crudeltà... (spezzasi una parete e
                                comparisce Norando)

SCENA QUARTA.

Norando e Millo.

Nor.                               Crudo è il destino;
  Io di quel son ministro.
Mil. (spaventato rizzandosi) E chi sei tu?
Nor. Norando di Damasco, e nunzio sono
  Di miseria maggior. Ben sta Jennaro
  Cambiato in marmo, e ben stanno i singulti,
  Le angoscie entro al tuo sen. Scritta ne’ fati
  Fu d’un Corvo la morte, indi fu scritta
  La maladizion, che ti fu data:
  Scritto è il ratto d’Armilla, e scritto è ancora,
  Ch’esser debba crudele alla tua stirpe,
  A me stesso crudel per mia vendetta.
Mil. (inginocchiandosi) Ah Norando... ah Signor,
                                     che tutto puoi,

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