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SCENA TREDICESIMA.

Tartaglia, Pantalone e detti.


Pant. (con trasporto) Mia fia, Maestae?
Der. Sì, vostra figlia, fortunato padre,
     E fortunato più d’aver prodotta
     Sì beli’ anima al mondo, che per essere
     Suocero d’un Monarca.

Tart. (irato a parte) Oh maledetto punto! Io mi sento morire. Angela perdo; perde il trono mia figlia.

Pant. Ah, Maestae, no bastava, che avesse da ella tante beneficenze senza meriti, che la voi innalzar a tanto grado una povera fiola?...

Der.                         La virtude
     Innalzo al posto suo. Necessitade
     Di successore al Regno a sceglier sposa
     Mi sforza, ed una sposa la più degna
     D’Angela non trovai.

Tart. (con affettata allegrezza) E viva, e viva... Maestà, mi rallegro; non potevate far miglior scelta. Angela, mi consolo... Pantalone, non posso esprimere la mia gioia... (a parte) Mi sento rodere... o morte... o inferno... o vendetta.

Pant. Cara fia, no te desmentegar mai la to nascita; no te insuperbir. Varda ogni momento el Cielo, dal qual vien le fortune, ma vien anca le desgrazie improvvise. Basta; el nostro
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