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230 Turandot

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  Della crudele nel Serraglio, e narra
  Di quando in quando a mia consorte cose,
  Che sembrano menzogne. Turandot
  È una tigre, Signor; ma la superbia,
  L’ambizione è in lei più, ch’altro vizio.
Cal. Vadano tra i dimoni questi mostri,
  Abbominevol mostri di natura.
  Che umanità non han. S’io fossi ’l padre,
  Morrebbe tra le fiamme.
Bar. (guarda verso la Città) Ecco Ismaele,
  L'Aio infelice del già morto Prence,
  Amico mio, che vien piangendo.


SCENA SECONDA.

Ismaele e detti.

Ism. (esce piangendo dalla Città) Amico,
  Morto è ’l Principe mio. Colpo fatale!
  Deh perchè sul mio capo non cadesti? (piange dirottamente)
Bar. Ma perchè mai lasciarlo esporre, amico,
  Nel Divano al cimento?
Ism. E aggiungi ancora
  All’angoscia rimproveri? Barach,
  Non mancai di dover. Se tempo aveva,
  Il suo padre avvertia. Tempo non ebbi,
  Ragion non valse, e l'Aio alfine è servo,
  Nè al Principe comanda. (piange)
Bar. Datti pace.
  Filosofia t’assista.

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