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atto secondo 251

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  Acutezza e talento. Io cadrei morta,
  Se nel Divan con pubblica vergogna
  Fossi vinta d’acume. Ite, scioglietemi
  Dal proporvi gli enigmi; ancora è tempo;
  O piangerete invan la morte vostra.
Cal. Sì bella voce, e sì bella presenza,
  Sì raro spirto, e insuperabil mente
  In una donna! Ah qual’error è mai
  Nell’uom, che mette la sua vita a rischio
  Per possederla? E di sì raro acume
  Turandotte si vanta? E non iscopre.
  Che quanto i merti suoi sono maggiori,
  Che quant’avversa è più d’esser d’uom moglie,
  Arder l’uomo più deve? Mille vite,
  Turandotte crudele, in questa salma
  Fossero pur. Io core avrei d’esporle
  Mille volte a un patibolo per voi.
Zel. (bassa a Turandot) Ah facili gli enigmi per pietade.
  Egli è degno di voi.
Adel. (a parte) Quanta dolcezza!
  Oh potess’esser mio! Perchè non seppi,
  Ch’era Prence costui, prima che schiava
  Mi volesse fortuna, e in basso stato!
  Oh quanto amor m’accende or che m'è noto,
  Ch’egli è d’alto lignaggio! Ah che non manca
  Mai coraggio ad amor. (basso a Turandot) La gloria vostra
  Vi stia a cor, Turandot.
Tur. (perplessa da se) E questo solo

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