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atto secondo 255

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  Antichissima, e nuova, in cui si perde
  La vita de’ mortali: e c’ha le foglie
  Bianche al di sopra, e dal rovescio negre.
  Co’ giorni suoi, colle sue notti è l’anno.
Pant. (allegro) Tartagia, el ga dà drento.
Tart. Sì in coscienza, di brocca, di brocca.
  (tutti i Dottori in coro, dopo aver aperta l’altra carta suggellata)
  Ottimamente: è l’anno, è l’anno, è l’anno.
Alt. (lieto) Quanta allegrezza! O Numi, al fin pervenga.
Zel. (a parte) Fosse l’ultimo questo!
Adel. (smaniosa a parte) Oimè! Lo perdo.
  (basso a Turandot) Signora, ogni trionfo in un sol punto
  Perdete nel Divan. Costui vi supera.
Tur. (sdegnosa basso) Taci. Pria cada il mondo,
  e l’uman genere
  Tutto perisca. (alto) Sappi, audace, stolto,
  Ch’io t’abborisco più, quanto più speri
  Di superarmi. Dal Divan te n’esci;
  Fuggi l’ultimo enigma; il capo salva.
Cal. L’odio vostro, adorata Principessa,
  Sol mi rincresce. Il capo mio sia tronco.
  Se della pietà vostra non è degno.
Alt. Desisti, caro figlio, o tu, mia figlia.
  Desisti di propor novelli enigmi.
  Sia tuo Sposo costui, che tutto merta.
Tur. (collerica) Mio sposo! ch’io desista! Quella legge
  Si de’ eseguir.

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