< Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

atto terzo 265

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu{{padleft:487|3|0]]

  Sì generoso, tanto innamorato
  Può destarvi nel seno odio, e puntiglio?
Tur. Non tormentarmi... sappi... ah mi vergogno
  A palesarlo... ei mi destò nel petto
  Commozioni a me ignote... un caldo... un gelo...
  No, non è ver. Zelima, io l’odio a morte.
  Ei della mia vergogna nel Divano
  Fu la cagion. Per tutto il Regno, e fuori
  Si saprà, ch’io fui vinta, e riderassi
  Dell’ignoranza mia. Dimmi, se ’l sai,
  Soccorrimi, Zelima. Il padre mio
  Diman vuol, che nell’alba si raduni
  L’assemblea de’ Dottori, e, s’io mal sciolgo
  L’oscurissimo enigma, ch'è proposto,
  Vuol, che seguan le nozze in quel momento.
  Di chi figlio è quel Principe, e qual nome
  Porta lo stesso Principe, ridotto
  A mendicar il pane, a portar pesi
  A prezzo vil per sostener la vita;
  Che giunto al colmo di felicitade
  È sventurato ancor più che mai fosse?

  Lo scorgo ben, che questo sconosciuto
  È ’l Principe proposto; ma chi puote,
  Del padre il nome indovinar, e ’l suo?
  S'è sconosciuto? Se l'Imperatore
  Grazia gli diè di star occulto insino
  Alla fin del cimento? Io l’accettai
  Per non ceder la destra. Ah ch'è impossibile
  Ch’io l’indovini. Dì, che far potrei?
Zel. Quivi in Pechin v'è ben, chi l’arte magica

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.