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atto terzo 273

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  coi vostri paggi sin domattina le porte della so abitazion, perchè no ghe entra nissun. Tolelo in mezzo alle arme, e fè’ el vostro debito. Questo xe ordene dell'Imperator, sala? El s’ha innamorà de ella, no gh'è caso, el trema, che nassa qualche accidente. Se no la deventa so zenero domattina, mi credo, che quel povero vecchio mora certo dalla passion. Ma la me scusa, la xe stada una gran puttellada quella d’ancuo! (basso a Calaf) Per carità no ghe sbrissasse mai de bocca el so nome; se però la ghelo disesse a sto vecchietto onorato pian pianin, el lo receveria per una gran finezza. Ghe fala sto regalo?
Cal. Vecchio, mal ubbidite al Signor vostro.
Pant. Ah bravo! O, a vù, sier Brighella.
Brig. La finissa pur ella le chiaccole, che mi farò
  i fatti.
Tart. Signor Brighella, guardate bene, che ci va
  la testa.
Brig. Conosso el merito della mia testa, e no go
  bisogno de recordi.
Tart. (basso a Calaf) Sono curioso, che crepo, di
  sapere il vostro nome. Uh, se mi faceste la
  grazia di dirmelo, lo saprei tenere rinchiuso
  nelle budella io.
Cal. Invan mi tenti; al nuovo dì ’l saprai.
Tart. Bravissimo, cospetto di bacco.
Pant. Altezza, ghe son servitor. (a Barach) E vu,
  sier mustacchi caro, farè megio a andar a fumar

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