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atto terzo 275

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  Io seco morirò, (disperato e in atto di seguirlo)
  Calaf, Calaf...
Bar. (sorpreso sguainando la scimitarra, e pigliandolo
  per un braccio
)
  Vecchio ti ferma, taci, o ch’io ti uccido.
  Chi sei tu! donde vieni? come sai
  Di quel giovane il nome?
Tim. (guardandolo) Oh Dio!... Barach...!
  Tu quì in Pechin! Tu ribellato ancora!
  Col ferro in pugno contro al tuo Monarca
  In miseria ridotto, e contro al figlio?
Bar. (con somma sorpresa) Tu sei Timur!
Tim. Sì, traditor... ferisci...
  Tronca pur i miei giorni. Io son già stanco
  Di viver più; nè sopravviver voglio,
  Se i più fidi ministri ingrati or miro
  Per interesse vil; se ’l figlio mio
  Sacrificato al barbaro furore
  Del Sultan di Carizmo io veggio alfine. (piange)
Bar. Signor... misero me!... questo è ’l mio Prence!
  Sì, pur troppo ’l ravviso. (s’inginnocchia) Ah mio Sovrano,
  Io vi chiedo perdono... Il furor mio
  Fu per amor di voi... Per quanto caro
  V'è ’l vostro figlio, mai di bocca v’esca
  Nè ’l nome di Timur, nè quel del figlio.
  Io quì mi chiamo Assan, non più Barach.
  (sorgendo, e guardando intorno e agitato)
  Ahi, che forse fu inteso. Dite... dite...
  Elmaze, vostra sposa, è quì in Pechino?

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