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288 Turandot

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Animo vil, che pensi! che ragioni!
Ebb’egli dispiacer là nel Divano
A scior gli enigmi, e a far, che tu arrossissi
Cielo, soccorri Adelma, e fa, ch’io possa
Svergognarlo, scacciarlo, e rimanere
Nella mia libertà; che sprezzar possa,
Sciolta da un nodo vile, un sesso iniquo,
Che sommesse ci vuol, frali, ed inette.


SCENA QUARTA.

Altoum, Pantalone, Tartaglia, guardie e Turandot.

Alt. (da sè pensoso) Il Sultan, di Carizmo usurpatore,
  Così dovea finir. Dovea Calaf,
  Figlio a Timur, quì giugnere, e per strane
  Vicende esser felice. Oh giusto Cielo,
  Chi di tua providenza i gravi arcani»
  Può penetrar? Chi può non rispettarli?
Pant. (basso a Tartaglia) Cossa diavolo ga l'Imperator,
  che ci va barbottando?
Tart. (basso) Egli ha avuto un messo secreto:
  qualche diavolo c'è.
Alt. Figlia, il giorno s’appressa, e tu vaneggi
  Pel serraglio svegliata, che vorresti
  L’impossibil saper. Io, nol cercando,
  So quanto brami, e tu, che in traccia vai,
  Vanamente lo cerchi, (trae un foglio) In questo foglio

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