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292 Turandot

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Alt. Che pensi, o figlia? a che vaneggi, ondeggi
  Combattuta, e confusa? e vuoi, ch’io creda
  In tanta agitazion, che sei sicura
  Di spiegar quell’enigma? Eh cedi al padre!
Tur. (sempre a parte titubante) No: s’attenda
  l’amica. Il genitore
  Qual zelo prende! Questo è chiaro segno,
  Ch'è possibil, ch’io sappia quanto ei teme.
  Ama l’ignoto, e dall’ignoto istesso
  Ebbe i nomi in secreto, e con l’audace
  È in accordo, e mi tenta.
Alt. Or via, risolvi,
  Calma quel spirto indomito, finisci
  Di tormentar te stessa.
Tur. (scuotendosi) Ho già risolto.
  Al nuovo dì là nel Divan s’aduni
  L’assemblea de’ Dottori.
Alt. Adunque vuoi
  Rimaner svergognata, e condiscendere
  Più alla forza, che al padre?
Tur. Risoluta
  Vo’, che segua il cimento.
Alt. (iracondo) Ah stolta... ah sciocca...
  Più ignorante, che l’altre. Io son sicuro,
  Che ti fai svergognar pubblicamente,
  Che possibil non è, che tu indovini.
  Sappi; il Divan fia pronto, ed il Divano,
  Per tua rabbia maggior, vinta che sia,
  Tempio, ed Ara sarà. Là fieno pronti
  I Sacerdoti, e in mezzo al popol tutto,

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