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306 Turandot

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  Principessa, i tuoi casi; ma la prima
  Cagion de’ mali il fratel tuo fu certo,
  Indi ’l padre imprudente. E che mai puote,
  Adelma, Principessa, in tuo favore
  Un sfortunato oprar? S’io giungo al colmo
  De’ miei desir, spera da un core umano
  Libertade, e soccorso. Or il racconto
  Delle sciagure tue non fa, che accrescere
  Mestizia alla mestizia, che m’opprime.
Adel. A te mi palesai, scoprendo il volto.
  Noto t'è ’l mio lignaggio, e note or sono
  Le mie sventure a te. Vorrei, che l’essere
  Nata figlia di Re trovasse fede
  A quanto, mossa da compassione,
  Giacchè mossa da’ amor dir non ti deggio,
  Mi convien palesarti. Oh voglia il Cielo,
  Quantunque io sia chi son, ch’un core amante,
  Per Turandotte prevenuto, e cieco,
  Mi presti fede, ed i veraci detti
  Contro di Turandotte non disprezzi.
Cal. Dimmi, Adelma, alla fin che vuoi narrarmi?
Adel. Narrarti io vo’... Ma tu dirai, ch’io sono
  Qui giunta per tradirti, e mi porrai
  Coll’altre anime vili a servir nate. (piange)
Cal. Non mi tener, Adelma, in maggior strazio.
  Delle viscere mie, dì, che vuoi dirmi?
Adel. (a parte) Ciel, fa, ch’ei creda alla menzogna mia.
  (a Calaf con fora) Signor, la cruda Turandotte irata,

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