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322 Turandot

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  L’aspetto tuo gentile ebbero alfine
  Forza di penetrare in questo seno,
  D’ammollir questo cor. Vivi e ti vanta.
  Turandotte è tua sposa.
Adel. (da sè con dolore) Oh estrema doglia!
Cal. (gettando in terra il pugnale) Tu mia! lasciami
  in vita, estrema gioia.
Alt. (discend. dal trono) Figlia... mia cara figlia,
  io ti perdono
  Tutto il duol, che mi desti. In questo punto
  Compensi al padre tuo tutte l’offese.
Pant. Nozze, nozze. Siori Dottori, le daga logo.
Tart. Si ritirino nella parte diretana del Divano.
  (i Dottori si ritirano indietro)
Adel. (furente si fa innanzi) Sì, vivi pur, crudele,
  e lieto vivi
  Colla nimica mia. Tu, Principessa,
  Sappi, ch’io t’odio, e che gli arcani miei
  Furono sol per divenir consorte
  Di costui, ch’adorai, cinqu’anni or sono,
  Sin nella Corte mia. Tentai stanotte,
  Fingendo favorir le tue premure.
  Di fuggir seco, e ti dipinsi iniqua;
  Tutto fu vano. Dalle labbra sue
  Uscir per accidente que’ due nomi.
  Palesandoli a te sperai per questo,
  Che tu ’l scacciassi, e di poter ancora
  Meco a fuggir sedurlo, e farlo mio.
  Troppo t’ama costui per mio tormento
  Tutto fu vano, ogni speranza è persa.

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