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D’UDINE | 21 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Guida d'Udine.djvu{{padleft:25|3|0]]colò, dove vedessi il fresco, in cui stavano effigiati Dante, Petrarca, il Boccaccio, e Giovanni da Imola: lo che ha dato origine alla trita favola, che cotesti letterati siansi trovati in Udine contemporaneamente[1]. Domenico Rossi, architetto, che levava alto grido di que’ tempi, e che aveva disegnata fra le altre la chiesa dei Gesuiti[2], quegli si fu, che diede il modello, sul quale riformar davessi il corpo dal duomo[3]; ma non è suo fallo, se la navata di mezzo stretta rimase soverchiamente, avendosi egli dovuto attendere all’antica ossatura. Il coro è magnifico fatto a bella posta per le auguste funzioni, che vi si celebrano. Se non che quella selva di statue, quei finti panni scendenti dall’alto, quei fiori e festoni, che portano gli angioletti, quelle pelli di lione, che stendonsi sulle tombe, costituiscono un complesso pittorico, è vero, ma troppe assomigliantesi ad una scena. Giuseppe Torretti ebbe la direzione delle statue tutte dal coro. Egli scelse per se l’Annunziata ed il patriarca Bertrando, opera di fantasia, e precindendo dallo stile, molto ben lavorata, avendo le altre lasciate ad artefici minori, stati la più parte giù suoi compagni ai Gesuiti[4]. Son dessi Pietro Baratta, Francesco Cabianca, Marino Prepoto, Antonio Corradini, Francesco Bonazza, e Matteo Coldarone. Architettava i due altari laterali, disegno il più stravagante, il frate Giuseppe Pozzo carmelitano scalzo[5]. Nel soffitto figurò Luigi Doriguy a fresco