Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
D’UDINE | 31 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Guida d'Udine.djvu{{padleft:35|3|0]]due chiaroscuri vicini mostrano la lotta dell’angelo con Giacobbe, e l’incontro del medesimo con Esaù. In alcune statue a finto bronzo sono effigiate quelle donne, che per santità o profezia, rinomanza ebbero in Israello. Peccato che la stanza alquanto stretta non le lasci vedere più da lontano. È così seducente e vago il colorito, che tu ti dimentichi, che in que’ volti, in quelle vesti, in quegli atteggiamenti invano cerchi gli antichi padri, e il patriarca Dionigi Delfino, quasi compiacendosi di sì bell’opera, non isdegnò, che vi si collocasse il suo ritratto e il suo stemma. Nell’altra camera presso alla sala condusse a fresco nei quattro angoli del soffitto i profeti, e nel mezzo il giudizio di Salomone. Non isperi pennello alcuno di uguagliarlo nell’armonia, nella forza del colore, nell’incantesimo del chiaroscuro. Si giunge procedendo innanzi alla stanza, di cui è fattura di Giovanni da Udine la celebratissima volta. Vuol fama, che quando si riedificò il palazzo, si alterasse la disposizione dei piani, acciò essa restasse in piedi[1]. E ben a ragione. Lungo discorso io ne terrei, se ragionato per esteso non se ne fosse nella storia delle bell’arti, a cui rimetto il lettore[2]. Da essa, oppure da una scala a chiocciola, avente l’eterno Padre nel soffitto, opera di Dorigny, cassi nella libreria, che il patriarca Dionigi Delfino edificò dai fondamenti, e fondò a pubblico, perenne comodo[3].