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490 | I Nibelunghi |
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Altri di più n’avea; ma su la sponda
Mille soltanto de’ valletti ei trasse.
400Dell’uomo ardito di Tronèga assai
Stanca in quel giorno fu la mano! Allora
Che incolumi su l’acque egli li addusse,
Al nuovo annunzio suo pensier volgea
L’ardito cavalier, qual già le donne
405Selvaggie a lui narrâr. N’ebbe per tanto
La vita quasi a perdere del sire
Il sacerdote. Appo gli arnesi sacri
Hàgen rinvenne il sacerdote, quale
La man tenea su le reliquie sante.
410Ma le reliquie non giovârgli; tosto
Che Hàgene il vide, il povero di Dio
Sacerdote n’avea doglia a soffrire.
Giù dalla nave egli il balzò. Davvero!
Che rapid’opra fu la sua! Gridavano
415Molti frattanto: Tienti al legno, o sere,
Tienti! — e Gislhero giovinetto a prendersi
Disdegno incominciò. Ma il suo disegno
Hàgen lasciar non volle, e ciò si fea
Di Giselhèr per cruccio. E de’ Burgundi