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I Nibelunghi 501

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Che un colpo ei mi assestò d’un forte palo,
Ond’io molto mi dolsi. Al ferro mio
Allora corsi e con possente piaga
Quel suo corruccio rintuzzai. Perduto
125Fu il prode allor. Ma di cotesto, quale
Buona parravvi, sì vi reco ammenda.
  Venìasi tosto a una contesa, ed elli
Forte davvero ivan crucciosi e irati.
  Io ben sapea, disse Gelpfràt, Gunthero
130Poi che qui venne co’ famigli suoi
Cavalcando, che mal fatto ci avrìa
Hàgene di Tronèga. Ora ei non debbe
Incolume scampar. Del navalestro
Per la morte, ci sia mallevadore
135Ei, ch’è prode guerrier. — Sovra gli scudi
Ei piegâr l’aste vêr le punte allora
Ed Hàgene e Gelpfràt. Malo desìo
Era dell’uno contro l’altro; e intanto
Èlse e Dancwarto fieramente incontro
140Si gittâr su’ destrieri e fecer saggio
Chi fosser elli, e orribile certame
Levossi qui. Come potean guerrieri

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