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388 | I Nibelunghi |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Nibelunghi, Hoepli, 1889, II.djvu{{padleft:29|3|0]]
525Chi ben conosce la mia doglia acerba,
Altr’uom d’amar non offre a me. Perduto
Ho quel miglior che donna ebbesi mai.
Attutire il dolor, disse l’accorto,
Qual cosa mai potrìa, se alcun l’acquista
530E tal si elegge che si addice a lui
Veracemente, fuor di un dolce amore ?
Per angoscia del cor nulla cotanto
Puote giovar. Se l’inclito mio sire
Amar vi piace, donna voi sarete
535Di dodici corone inclite e ricche,
E il signor mio daravvi ancor la terra
Di trenta prenci, quali un giorno vinse
Quella sua man potente assai. Di molti
Uomini degni anche sarete voi
540Donna e signora (ed erano soggetti
A donna Hèlche cotesti) e di ben molte
Donne pur anco, d’inclita prosapia
Di prenci ; ebbe poter su tutte un giorno
Hèlche regina. — Così disse il baldo
545E accorto cavalier. Soggiunse poi:
Daravvi ancora il mio signor (ciò stesso