Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
I Nibelunghi | 655 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Nibelunghi, Hoepli, 1889, II.djvu{{padleft:296|3|0]]
Così parlò! D’uopo è giacer qui morti!
Che giovò mai saluto che ci fea
Ètzel regnante? Per l’intenso ardore
210Sì gran doglia mi fa la sete grave,
Ch’io già mi credo fuggir debba omai,
In tanto affanno, la mia dolce vita!
Hàgene disse di Tronèga allora:
Nobili e buoni cavalieri, quale
215È da sete costretto, il sangue beva
Qui, chè davvero, in tanto ardor, gli è
il sangue
Migliore anche del vino, e in questo tempo
Cosa migliore non sarìa per noi.
220Ed uno allor de’ cavalieri andava
Là ’ve un morto rinvenne. Inginocchiossi
Là da presso alle piaghe ed a l’estinto
L’elmo disciolse, ed a succhiar quel sangue
Che scorrea cominciò. Ben che inusata
225Cosa fosse cotesta, alto conforto
Allora gli sembrò. Dio vi compensi,
Hàgen signor, l’uom disse affaticato,
Ch’io bevvi qui, per tanto vostro avviso,