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670 | I Nibelunghi |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Nibelunghi, Hoepli, 1889, II.djvu{{padleft:311|3|0]]
Ho io que’ prenci e porsi lor bevanda
E cibo ancora amicamente e diedi
Anche i miei doni. E tramar la lor morte
Come, oh! come potrei? Creda la gente
145Agevolmente che codardo io sono;
Ma il mio servigio a questi prenci illustri
Non ricusai, nol ricusai a quelli
Lor consorti, e mi dolgo or d’amicizia
Qual con essi ho contratta. E la mia figlia
150A Giselhero cavalier donai,
Ed ella in terra non potrìa di guisa
Collocarsi miglior, pel far cortese
E per l’onor di lui, per la sua fede
E la dovizia. Prence non vid’io
155Sì giovinetto mai d’alma che fosse
Veracemente di sì gran valore.
Ma Kriemhilde dicea: Nobil Rüedgero,
Del duol d’ambo noi due, di me, del sire,
Impietosir ti lascia, e pensa ancora
160Che ospite in casa non accolse mai
Ospiti sì riottosi! — E di rimando
Disse il margravio a quella donna illustre: