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Le devastazioni dei pirati 159

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Robinson Italiani.djvu{{padleft:165|3|0]]respingerli, signore. Ah! Se si potesse sapere chi sono e unire le nostre forze per cacciare questi scorridori del mare!

— Bisognerebbe attraversare tutta l’isola e perderemmo tanto tempo. E poi, non credo che i pirati si fermino molto qui.

— Ho veduto dei marinai della nave abbattere un albero e abbassare il loro trinchetto.

— Ora si comprende perchè hanno approdato. Senza dubbio qualche tempesta ha guastato il loro albero.

— Così deve essere, signor Albani.

— Allora fra due o tre giorni riprenderanno il mare e saremo liberi. Alto, marinaio!

— Cosa avete veduto?

— Qualcuno si è nascosto fra quella macchia.

— Terremoti di Genova!... Un altro pirata?

— No, mi parve un animale.

— Una tigre, forse?

— Non lo so, marinaio. Armiamo le cerbottane e aspettiamo che si mostri. —


Capitolo XXIV

Assediati nella caverna


Il signor Albani e il marinaio si erano arrestati dietro il tronco d’un colossale durion, non osando avanzare, prima di sapere quale era il nemico che dovevano affrontare.

I cespugli che formavano la macchia continuavano ad agitarsi, come se l’uomo o l’animale si aprisse un varco con fatica. Pareva che fosse imbarazzato a uscire fra quei rami che erano assai fitti e molto frondosi.

Finalmente, dopo un ultimo e violento sforzo, riuscì ad aprirsi il passaggio ed a mostrarsi. Nello scorgerlo, i due Robinson avevano alzato di comune accordo le cerbottane, entro le quali avevano fatto scivolare rapidamente due frecce.

Non era un uomo, ma una tigre che pareva avesse le gambe

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