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116 | I Vicerè |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:118|3|0]]― Ah, non vuoi dirmelo?
― Signorino!... Eccellenza!... Per l’amor di Dio!...
A un tratto, udendo la carrozza che entrava nel cortile, Consalvo scappò a vedere.
Tornavano finalmente le zie Lucrezia e Matilde andate alla badia di San Placido. Il ragazzo, dimenticato la cucina e il cuoco, corse a raggiungerle di sopra, nella camera della madre, per vedere se gli portavano nulla.
La contessa Matilde gli diede infatti un cartoccio di dolci; ma la zia Lucrezia neppure gli badò, con tanta animazione teneva un discorso alla principessa:
― Piangeva, capisci!... Abbiamo voluto parlare con la badessa, che ci ha confermato ogni cosa; è vero, Matilde?... Che modo è questo!... Le messe per nostra madre....
― Sst....
La principessa fece un segno alla cognata di tacere, per riguardo del ragazzo.
― Mamma, oggi non si mangia più?... ― domandò quseti.
― Se tuo padre non è ancora venuto!... Va’, va’ a vedere se arriva....
Il principino comprese che lo mandavano via. A sei anni, era curioso più di don Blasco. I maneggi dello zio monaco, il continuo complottare che si faceva in quella casa, avevano destato di buon’ora la sua attenzione: dopo la morte della nonna, s’accorgeva, dal contegno dei parenti, dai discorsi dei servi, che l’avevano con suo padre, chi per una ragione e chi per un’altra, ma che nessuno ardiva prendersela direttamente con lui. Egli comprendeva tante altre cose: che la zia Ferdinanda non poteva soffrire la zia Matilde; che tra questa e suo marito c’erano dissapori: comprendeva e taceva, fingendo di non accorgersi di nulla, per non incorrere nella collera di nessuno. Infatti, lo zio don Blasco dava solenni scappellotti, la zia Lucrezia giocava anche lei a pizzicargli il braccio, specialmente quando egli andava