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10 | I Vicerè |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:12|3|0]]Agostino, questi dispacci al telegrafo... e passa dal sarto...
A misura che ricevevano le commissioni, i servi uscivano, aprendosi la via in mezzo alla folla; passavano con l’aria affrettata di altrettanti aiutanti di campo tra i curiosi che annunziavano: «Vanno ad avvertire i parenti... i figli, i cognati, i nipoti, i cugini della morta...» Tutta la nobiltà sarebbe stata in lutto, tutti i portoni dei palazzi signorili, a quell’ora, si chiudevano o si socchiudevano, secondo il grado della parentela. E l’ebanista la spiegava:
― Sette figliuoli, possiamo contarli: il principe Giacomo e la signorina Lucrezia che è in casa con lui: due; il Priore di San Nicola e la monaca di San Placido: quattro; donna Chiara, maritata col marchese di Villardita: e cinque; il cavaliere Ferdinando che sta alla Pietra dell’Ovo: sei; e finalmente il contino Raimondo che ha la figlia del barone Palmi... Poi vengono i cognati, i quattro cognati: il duca d’Oragua, fratello del principe morto; padre don Blasco, anch’egli monaco benedettino; il cavaliere don Eugenio e donna Ferdinanda la zitellona...
Ogni volta che lo sportello si schiudeva per dar passaggio a qualche servo, i curiosi cercavano di guardare dentro il cortile; Giuseppe, spazientito, esclamava:
― Via di qua! Che diavolo volete? Aspettate i numeri del lotto?
Ma la folla non si moveva, guardava per aria le finestre ora chiuse quasi aspettando l’apparizione della stampiglia coi numeri.
E la notizia correva di bocca in bocca come quella d’un pubblico avvenimento: «È morta donna Teresa Uzeda...» i popolani pronunziavano Auzeda «la principessa di Francalanza... È morta stamani all’alba... C’era il principe suo figlio... No, è partito da un’ora.» L’ebanista frattanto, in mezzo a un cerchio di gente attenta come alla storia dei Reali di Francia, continuava a enumerare il resto della parentela: il duca don Mario