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I Vicerè | 211 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:213|3|0]]libri che comperava, glie n’erano capitati alle mani alcuni di meccanica; allora, rammentati gli antichi amori con l’orologiaio, aveva preso un fattore per lasciargli in balìa il podere, e s’era messo a fabbricare ruote ed ingranaggi. Perchè mai l’acqua nelle pompe aspiranti non andava mai più su di cinque canne? Per la pressione atmosferica. Non c’era mezzo di controbilanciarla? Ed aveva costrutto un suo trabiccolo dove, per lavorar di manubrio, l’acqua, non che a cinque canne, non saliva neppure ad un pollice. La colpa fu tutta degli operai che non avevano capito i suoi ordini: egli si mise intorno ad un problema molto più vasto: il moto perpetuo.... Di quel che avveniva in casa, di quel che operavano gli altri non s’impacciava, diradava sempre più le sue visite al palazzo; se non fosse stato per Lucrezia, non ci sarebbe andato mai. Sua sorella, però, se era occupata a far segnali a Benedetto Giulente, non scendeva giù in sala. L’amoreggiamento continuava più forte di prima; in ogni sua lettera il giovane le diceva che il tempo della domanda si veniva sempre approssimando, che fra un anno il loro voto si sarebbe compiuto. Lucrezia, quantunque non ci fosse più quel diavolo di Consalvo, pure, perchè non le frugassero in mezzo alle sue cose, chiudeva a chiave la sua camera quando scendeva al piano di sotto, nè il principe diceva nulla pel disordine che ne derivava.
Così, nessuno dei legatari s’occupava della divisione; e quanto a Raimondo, egli era più che mai intento alla bella vita e ad inseguire donna Isabella in terra, in cielo e in ogni luogo. Pasqualino Riso non faceva quasi più servizio, occupato com’era a spiar le mosse della signora, a portar lettere ed ambasciate: adesso egli pareva un signore, con abiti elegantissimi, catena d’oro al panciotto e anelli alle dita, perchè Raimondo non lesinava nel remunerava chi lo serviva. Gli altri servi ne erano perfino gelosi: il sotto-cocchiere, specialmente, a cui toccava tutta la fatica, e Matteo il cameriere. Essi parlavano a denti stretti della fortuna capitata al