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20 | I Vicerè |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:22|3|0]]di gente, quel succedersi d’ambasciate e di lettere, compiangevano vivamente la principessa nuora: «Povera signora! A quest’ora dev’essere sulle spine!...» Infatti, ella soffriva d’una specie di malattia nervosa per la quale non tollerava di star pigiata tra la gente, di toccar cose maneggiate da altri: fortunatamente la cugina era lì ad aiutarla. E alcuni facevano riflessioni filosofiche: «Se invece d’oggi la madre del principe fosse morta sei anni addietro, la cugina, adesso, invece di aiutar la padrona, sarebbe lei la padrona qui dentro.» Non era stato permesso dalla principessa vecchia quel matrimonio; e il padrone aveva obbedito alla madre, sposando donna Margherita Grazzeri; però, bisognava dire la verità, la cugina s’era diportata benissimo: maritata col cavaliere Carvano, era rimasta affezionatissima alla zia che non l’aveva voluta per nuora, e aveva trattato come una vera sorella la moglie dell’antico suo innamorato. «E il principe? Forse che pare si rammenti d’averle voluto bene in un certo modo?...» Per questo, molti lodavano l’opera della morta: ella aveva ben fatto ad opporsi a quel matrimonio, poichè i due antichi innamorati s’eran messo il cuore in pace. «Gran donna, la principessa! Basta dire che rifece la casa già fallita!» E tutti domandavano: «A chi lascerà?...» ma come saperne nulla, quando la principessa non si confidava neppure coi figli?... «Se ci fosse stato il contino Raimondo, però!...»
Allora i partigiani del principe, senza tanti riguardi: «La roba dovrebbe andare al padrone, se quella pazza non ne avrà fatta un’altra delle sue!...» Infatti non aveva potuto soffrire il primogenito, prediligendo il contino Raimondo; e il contino, quantunque chiamato e richiamato dalla madre che sentiva vicina la propria fine, non s’era mosso da Firenze!...
All’arrivo di Frà Carmelo, spedito dall’abate di San Nicola per aver notizie di don Lodovico e di don Blasco, il discorso prese un’altra piega. Frà Carmelo sapeva la via del palazzo, dalle tante volte che ci aveva accom-