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I Vicerè | 227 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:229|3|0]]lo sguardo smarrito che gli volgeva, e allora chinato il capo, mormorò:
— Va bene.... va bene.... Procura soltanto di far presto.... Fra giorni si marita mia figlia; vi aspetto....
Ripartì il domani. Sul punto di andar via, disse a Matilde di tenersi pronta, risoluto com’era a condurla con sè, anche sola, per costringere il genero a raggiungerla. Ella chinò il capo, consentendo, gettandogli le braccia al collo dalla gratitudine, poichè comprendeva che gil s’era frenato per amore di lei, per risparmiarle il dolore d’una triste scena. Ma il barone era appena partito che Raimondo le disse:
— Sai che è curioso, tuo padre? Crede forse che tutti debbano fare a modo suo? O che io abbia sposato lui?... Agil affari di casa mia voglio pensare da me, capisci; e andare dove mi pare e piace, quando mi pare e piace!...
Ella gli diede ragione, soggiogata come sempre dalla volontà di lui, allegando appena come scusa dell’assente il bene che voleva ad entrambi....
Andarono a Milazzo pel matrimonio di Carlotta; poi, partiti gli sposi e il barone per Palermo, tornarono a Catania, anzi al Belvedere, dov’erano tutti gli Uzeda. Lì ella ebbe qualche mese di tregua: i Fersa non c’erano, gli Uzeda parevano di nuovo rabboniti. Suo padre scriveva un po’ da Palermo, un po’ da Milazzo, un po’ da Messina; andò poi anche a Napoli; finalmente tornò nell’aprile, insieme col duca d’Oragua. Questi diceva d’esser venuto per affari, d’aver affrettata la partenza per viaggiare insieme col barone, ma parlava molto degli avvenimenti pubblici, della guerra di Lombardia, della malattia di Ferdinando II. Il barone pareva un altro, in compagnia del duca; l’intimità che s’era stretta fra loro due durante il viaggio l’aveva placato. Nondimeno ripetè alla figlia l’offerta di condurla via con sè; ma poichè Raimondo le aveva dichiarato che non poteva muoversi ancora, ella rispose:
— No, babbo.... verremo tutti.... presto, fra giorni.