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I Vicerè 237

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:239|3|0]]dietro alla signora, nè questa litigava più con la suocera, nè s’atteggiava a vittima come un tempo. Quella sera aveva un abito veramente sfarzoso, e tante gioie addosso, che tutti gli occhi si volgevano su lei. Quando la folla cominciò a diradarsi, Padre Gerbini, sempre galante, l’accompagnò alla carrozza; e come, giusto per combinazione, il cocchiere dei Fersa e quello del principe Francalanza avevano messo accanto i loro legni, Raimondo e il principe, nell’andar via, fecero una scappellata alle signore, alla quale risposero solo donna Isabella e lo zio palermitano.

Ora, il domani di quella festa, una notizia straordinaria, sbalorditiva, incredibile, corse di bocca in bocca per la città: donna Mara Fersa aveva cacciato di casa la nuora!... «Era vero?... Non era possibile!... Se la sera innanzi erano state insieme a San Nicola?... E come? Perchè? Quando tutto pareva finito?...» Ma i bene informati dicevano che non era finito niente, e che la bomba era scoppiata giusto quella notte per l’assenza di don Mario. Donna Mara, dopo avere accompagnato i parenti della nuora all’albergo ed essere tornata a casa ed aver preso sonno, aveva udito rumore nella camera di donna Isabella: entrata da lei, l’aveva trovata mezzo nuda, con la finestra aperta e il cappello d’un uomo rotolato per terra. Se avesse fatto un momento più presto, li avrebbe colti sul fatto; ma dal balcone che dava sui tetti della scuderia, egli era scappato in un lampo. Senza bisogno di nominarlo, tutti comprendevano che egli era il conte.... Bisognava vedere, aggiungevasi, donna Isabella, pallida come una morta, quando la suocera, con voce strozzata, le aveva gridato: «Esci di casa mia!...» Lì per lì, senza darle neanche tempo d’infilarsi un paio di scarpe, in pantofole come si trovava! Ella se n’era andata, con la cameriera che le teneva il sacco, all’albergo dove si trovava quel suo zio provvidenzialmente piovuto da Palermo. «E se non c’era? Dove l’avrebbe mandata? E don Mario, il marito?...»

Don Mario arrivò all’alba, a rotta di collo, mandato

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