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I Vicerè | 239 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:241|3|0]]visita, tempo addietro, alla Fersa? Ma s’era allontanato subito, visto che prendevano in mala parte un’amicizia innocente! Aveva dunque ragione di non voler stare in quel paese, di prendersela con la malignità dei proprii concittadini?... E a poco a poco quelle voci acquistavano credito: dicevasi perfino che Fersa l’avesse con la madre, per non aver dato tempo all’accusata di provarsi innocente.... Tutta la città discuteva, commentava, giudicava ogni notizia relativa al fatto, appassionandosi più che per una caduta di regno. Chi parteggiava pel conte, protestando che un padre di famiglia come lui non si sarebbe messo a disturbare un’altra famiglia; chi lo giudicava capace di questo e d’altro, per soddisfare un capriccio. Scapolo, non aveva fatto una vitaccia? Ammogliato, non aveva fatto tanto soffrire la povera moglie? In quella circostanza, per buona sorte, ella era in casa di suo padre, a Milazzo.
Giusto, tre giorni dopo, i difensori di Raimondo trionfarono: egli pertiva per Milazzo, raggiungeva la moglie e le figlie. Donna Isabella, da canto suo, era partita per Palermo con lo zio. Chi ardiva ancora affermare che ci fosse stato niente di male fra loro? Quella sconsigliata di donna Mara Fersa aveva fatto il pasticcio!... Gl’increduli andarono al palazzo Francalanza e all’albergo, per vedere se quelle partenze eran vere. Erano verissime: donna Isabella e Raimondo erano partiti, l’uno per Milazzo e l’altra per Palermo; il principe si apparecchiava ad andarsene al Belvedere; Fersa con la madre era già a Leonforte.
Durante la villeggiatura quei fatti furono il tema di ogni discorso.
A Nicolosi, tra i Padri Benedettini, se ne fece un gran parlare: Padre Gerbini, fra gli altri, sostenne a spada tratta l’innocenza di donna Isabella, forte del fatto che Raimondo, da Milazzo, era partito definitivamente per Firenze, dove tornava a domiciliarsi con la