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I Vicerè | 285 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:287|3|0]]o l’attribuivano al liberalismo di Benedetto: il giovane, vano com’essi, ma meno accecato, la notava, e lavorava a vincerla. S’era subito accaparrata la simpatia della principessa, evitando di darle la mano e lodandole la bellezza e il talento di Teresina. Non molto difficile fu la conquista di don Eugenio, che da principio affettava di non accorgersi di lui. Il giovine, indettato da Lucrezia, gli si mise a parlare di cose storiche e artistiche, dei Vicerè Uzeda, ascoltando a bocca aperta le sentenze del cavaliere; poi lo pregò di fargli vedere le sue collezioni d’arte e si profuse in elogi alla vista di tutti i cocci e di tutte le tele imbrattate, pasteggiando a superlativi dinanzi ai Tiziano ed ai Tintoretto, che dichiarò superiori a tutti i quadri degli stessi autori conservati nel museo di Napoli. Venuto Raimondo, però, Benedetto si trovava spesso tra due fuochi, perchè don Eugenio e don Cono magnificavano le glorie cittadine, i patrii monumenti, e Raimondo interrompeva il suo mutismo solo per denigrarli. Giulente dava un colpo al cerchio ed un altro alla botte, non sapendo come prenderli, giacchè non andavano mai d’accordo. Pur d’ammirare i forestieri, Raimondo quasi disprezzava la nobiltà della sua casa; don Eugenio invece lavorava assiduamente alla sua Istoria cronologica. Non parendogli che questo titolo sonasse abbastanza, lo aveva mutato in quello di Discettazione istorico-cronologica; ma poichè don Cono sosteneva che discettazione non significava dissertazione, tra i due s’erano impegnate discussioni molto più lunghe e vivaci che non intorno al modo di scrivere solenne, se con una o con due elle. Richiesto del suo parere, Benedetto pensò un poco non al vocabolario, ma alla freddezza che gli dimostravano, alla guerra dichiaratagli dal monaco e dalla zitellona.
— Credo che siano sinonimi.... — rispose.
— Avete capito, testa dura? — disse allora don Eugenio trionfante a don Cono. — V’arrendete finalmente?...
Il principe, dal canto suo, giovavasi del futuro cognato