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I Vicerè 305

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A Livorno, in principio dell’estate, lo scandalo era cresciuto talmente, che alcuni buoni amici di Raimondo, il conte Rossi fra gli altri, suo padrone di casa, l’avevano consigliato d’esser meno imprudente. Matilde, il cui cuore sanguinava da tanto tempo, fu in quei giorni straziata da un altro dolore: Lauretta, che era sempre cagionevole, appena lasciato Firenze cadde inferma. Una notte che la sua bambina vaneggiava, in preda alla febbre, ella restò in piedi fino all’alba, vegliandola, impaurita dal rapido aggravarsi del male, aspettando ansiosamente il ritorno di Raimondo. A giorno, egli rincasò. Doveva esser ebbro. Solo perchè, rotta dal dolore e dalla fatica, turbata fieramente dalla malattia della bambina, atterrita dal pericolo che la povera creatura correva, ella osò dirgli: «Ma che vita è la tua!...» egli le piantò in viso gli occhi foschi, strinse il pugno ed uscì in una sconcia bestemmia.... Che disse poi? Che fece? Ella non sapeva. Rammentava soltanto che, riavuta dallo stordimento, Stefana, la sua cameriera, le aveva detto che il padrone era andato via, con lo stesso abito di società col quale era rientrato, portandosi un sacco da notte, dove aveva buttato pochi effetti alla lesta; rammentava d’essersi sentita struggere, non potendo corrergli dietro, non potendo lasciare la sua poveretta agonizzante; d’aver mandato Stefana a Firenze, credendo che egli se ne fosse tornato lì; d’aver saputo il giorno seguente che, cercato rifugio in un albergo della stessa Livorno, egli s’era imbarcato per la Sicilia....

Il barone arrivò da Torino come un fulmine, prima che ella gli avesse dato notizia dell’accaduto. Allora un altro tormento s’aggiunse ai tanti che la straziavano. Il rancore di suo padre contro il genero scoppiò a un tratto, terribile. «È andato via? Meglio così!» aveva detto nel primo momento; ma poichè ella si scioglieva in lacrime, non sapendo come fare, vedendo distrutta la propria esistenza, un violento moto di collera gli cacciò tutto il sangue alla testa: «E lo piangi, anche?... Lo vorresti difendere?... Saresti capace di corrergli die-

     I Vicerè — 20

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