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318 | I Vicerè |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:320|3|0]]quel giorno, Benedetto non se lo potè più levar di torno. Veniva continuamente, a ore diverse, quando meno se l’aspettavano; una strappata di campanello lo annunziava, brusca, forte, padronale; e una volta entrato, cominciava a girondolare come un trottolone, parlando di cento mila cose, guardando in tutti gli angoli, frugando su tutti i mobili, leggendo tutte le carte, dicendo la sua sulle faccende dei nipoti peggio che donna Ferdinanda, ma andando via appena spuntava costei. Benedetto non era più padrone di casa propria, giacchè nulla sfuggiva alla doppia critica della zitellona e del monaco; ma egli la soffriva allegramente, contento di vedersi oramai trattato da tutti gli Uzeda, solo dolente della freddezza sorta col principe per causa non propria. Ma ciò che faceva sua moglie era per lui sempre ben fatto, ed ella, che aveva preso al suo servizio Vanna, dalla quale era informata di tutto ciò che avveniva al palazzo, sfogava con lo zio Blasco contro il fratello, lo accusava di averla rubata, di aver rubato Chiara, di voler rubare adesso Raimondo:
— Lo spinge lui contro la moglie! Dicono che gli ha detto: «Che ci stai a fare qui?» Per metter legna sul fuoco! Deve avere il suo piano! Non è tipo da far nulla per nulla! E Raimondo parte con Matilde: per Milazzo, dice. Ma è troppo stupida, insomma, mia cognata! Io ho cercato di aprirle gli occhi perchè mi fa pena. La cosa non finirà bene!... Non si sono consigliati con Benedetto sullo scioglimento del matrimonio?... Io gli ho detto di non mescolarsi in questi pasticci!...
Ella non diceva che Benedetto, mandato a chiamare da donna Ferdinanda, in casa della quale Raimondo lo aspettava, lusingato da una confidenza delicatissima sopra un affare intimo, se aveva dapprima lottato con la propria coscienza, s’era a poco a poco lasciato vincere dall’onore che la zitellona gli faceva, mettendolo a parte d’un secreto di famiglia, sollecitando i consigli di un parente piuttosto che quelli d’un primo venuto. E questa idea aveva vinto i suoi scrupoli. Un estraneo, un azzecca-