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I Vicerè | 33 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:35|3|0]]Tutt’intorno scrollavano il capo: don Casimiro parlava così per astio, giacchè fin a tre giorni addietro era stato lavapiatti di casa Francalanza, ma fin da quando la principessa era andata in campagna, il principe non l’aveva più ricevuto, credendolo jettatore.
― Del resto, scusate, ― gli facevano osservare, ― che bisogno aveva mai il principe d’allontanare Ferdinando?
― Sissignori, fa la vita del Robinson Crosuè alla Pietra dell’Ovo, non s’occupa d’affari e in famiglia lo chiamano il Babbeo, col soprannome messogli da sua madre. Ma che vuol dire? Babbeo o no, il principe non voleva nessuno dei suoi tra i piedi!... Vi dico che lo so di sicuro!
Un altro osservò:
― Non parlate male di Ferdinando; con le sue manie non fa male a nessuno; è il migliore di tutta la casata.
― Tanto che non parrebbe dello stesso seme.... ― rispose don Casimiro.
― Sst, sst! Siamo in chiesa, ― gl’ingiunsero.
― Passa don Cono.
Don Cono adesso traversava la chiesa per leggere l’iscrizione posta sulla pila dell’acqua benedetta; come fu giunto vicino al crocchio, lo fermarono:
― Don Cono!... Don Cono!... Voi che avete la vista lunga; come dice lassù?
E don Cono compitò:
IN QUESTO TEMPIO
OVE IL FRALE SI ACCOGLIE
DELLA BEATA UZEDA
CORROBORATE
FIENO LE PRECI
DALL’INTERCESSORA PARENTE.
― Bellissimo! Bravo!... Bene l’intercessora... ― esclamarono in coro; ma un sst prolungato passò di repente di bocca in bocca: il maestro Mascione, appollaiato in
I Vicerè - 3