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I Vicerè | 349 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:351|3|0]]domandarti se c’è qualche villetta da affittare.... una casetta che faccia per me.... non importa se piccola, purché pulita....
Il principe parve cercare nella memoria.
— No, — rispose. — Tutto è preso, fin da quando passò Garibaldi.
Raimondo che si torceva i baffi nervosamente, insistè:
— Cercherò, ad ogni modo.
E allora il fratello, con voce fredda, senza guardarlo:
— Cerca, se vuoi. È inutile, non ne troverai.
Raimondo andò via pallido, muto e fremente. S’era umiliato per nulla! Colui gli dichiarava guerra! Non lo voleva vicino!...
Il principe, infatti, aveva dichiarato a tutta la parentela ed a tutte le conoscenze che non trovava parole per disapprovare la condotta di Raimondo. «È uno scandalo inaudito! Come non si vergogna? Ha il viso di tornarsene nel suo paese? Ma quando si vuol fare una di queste pazzie, bisogna nascondersi dove più lontano è possibile, dove non si è conosciuti, dove si può dare a intendere ciò che si vuole!» E alla zia donna Ferdinanda che salì un giorno a posta al Belvedere per intromettersi, per indurlo a far come lei:
— La nostra situazione è diversa, — rispose. — Vostra Eccellenza è padrona di pensare ciò che crede, di fare ciò che le piace: può anche prenderseli in casa, non avendo da render conto a nessuno. Io ho mia moglie e mia figlia alle quali non posso metter sotto gli occhi un simile scandalo.
Diceva queste cose dinanzi alla principessa e alla bambina, e le insistenze della zitellona lo trovavano incrollabile nella sua indignazione. Anche Chiara disapprovava il fatto del fratello poichè Federico lo giudicava immorale; non si parla della cugina Graziella, la quale faceva da portavoce al principe. Tutte le parole di costui, per mezzo della zitellona stomacata, dei lavapiatti dolenti, del servitorame pettegolo, arrivavano all’orecchio