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372 | I Vicerè |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:374|3|0]]presto, non già per le ragioni di prudenza suggerite dai parenti, ma perchè non ammetteva di poter vivere due giorni di seguito, senza una estrema necessità, nel paese nativo; poche parole dell’amica bastarono a dissuaderlo. I suoi parenti non consigliavano forse quel partito perchè, nonostante la pace, avevano mediocre piacere di trattarla e preferivano saperla lontana? Non c’erano tuttavia tante persone che la salutavano freddamente, che evitavano di parlarle?... Ed egli cominciò a far spese pazze per metter su una casa, volle che il matrimonio si celebrasse con la massima pompa, quasi sfidando chi prima aveva sostenuto impossibile la riuscita della sua impresa. Fu una festa sontuosa alla quale molti di quelli che si erano ostinati nel biasimo sollecitarono l’onore di poter assistere; in modo che donna Isabella assaporò la voluttà di vederseli ai piedi. Peccato che la cugina Graziella, la quale aveva tanto contribuito a quest’effetto, non potesse goderne anche lei, poichè suo marito, pochi giorni prima, aveva preso un raffreddore che pareva all’inizio una cosa da nulla ma che giusto la notte degli sponsali degenerò in polmonite e tre giorni dopo lo ammazzò.
Tutti gli Uzeda furono da lei in quella dolorosa circostanza; il principe, specialmente, nonostante l’abituale freddezza, mostrò di prendere molta parte al dolore della cugina. Ella pareva veramente inconsolabile, raccontava a tutti piangendo la gran bontà del povero marito suo, il grande amore che gli aveva portato, l’irreparabile sciagura che quella morte era per lei. Soltanto la vista dei suoi «cari cugini,» i conforti della «famiglia,» lenivano il suo cordoglio: i «cugini,» gli «zii,» erano ormai i soli che le restavano. Ella mise per ogni dove i segni del corrotto, per poco non si tinse di nero la faccia, e durante un buon numero di mesi rifiutò ostinatamente di prender aria, neanche in carrozza chiusa, di sera. Ma la sua prima visita fu al palazzo del principe dove, a poco a poco, riprese l’abitudine di venire spesso a confortarsi. Si prendeva in braccio Teresina