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I Vicerè | 399 |
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— E verranno subito?
— In un giro di posta.
Il monaco gli voltò le spalle e s’allontanò un poco; poi tornato indietro, ripiantatoglisi dinanzi, riprese:
— Senti, giacchè ci sei, fanne venire per ventimila lire.
— Eccellenza sì; quanto vuole Vostra Eccellenza....
E appena solo, il marchese corse dalla moglie, le disse col respiro rotto dallo sbalordimento:
— Non sai?... Non sai?... Lo zio vuol comprar della rendita! Ventimila lire di cartelle!... M’ha dato la commissione!... Non mi par vero! Mi par di sognare!...
Chiara rispose, tranquillamente, con una scrollatina di spalle:
— Di che ti stupisci? Non sai che i miei parenti sono tutti pazzi?...
Sottovoce, l’uno all’orecchio dell’altro, gli Uzeda riprendevano a darsi del matto. Non era matta Chiara che trattava la cameriera come una sorella e il bastardo di lei come un figlio suo proprio? Non era matta Lucrezia che maltrattava quel povero diavolo di Benedetto in tutti i modi? Che cos’era donna Ferdinanda, la quale, senza che glie ne venisse nulla, si impacciava di tutti gli affari della parentela? E che dire del principe, il quale, dopo aver dimenticato per tanti anni la cugina, adesso si metteva con lei, sotto gli occhi del figlio?...
L’antipatia di Consalvo per donna Graziella cresceva forse per questo ogni giorno: egli la contraddiceva in tutto e per tutto, dinanzi alle persone; evitava poi di restar solo in sua compagnia, affettava di trattarla come una intrusa quando le persone di servizio gli parlavano di lei. Questo era però l’unico sentimento che egli manifestava; del resto, stava in casa il meno possibile, montava a cavallo quando non usciva in carrozza, inforcava tutti gli asini dei contadini, teneva conversazione con tutti i carrettieri; il cuoco, dalla finestra della cucina, da cui si scorgeva il podere fino alla chiusa degli olivi,