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404 I Vicerè

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:406|3|0]]zaro; Benedetto ne ebbe una tra i primi, e la cosa non gli fece certo dispiacere, quantunque egli si stimasse cavaliere per nascita; ma dal giorno di quell’annunzio sua moglie non gli dette più requie: «Cavaliere!... Senti, cavaliere!... Che fai, cavaliere?... Cavaliere, vogliamo andar fuori?...» gli diceva a quattr’occhi e in presenza d’estranei, a proposito e a sproposito. E se c’erano altre persone, aggiungeva invariabilmente: «Perché adesso, non sapete? mio marito è cavaliere, sissignori: senza cavallo....»

La vera, la prima origine della durezza con la quale ella lo trattava da un pezzo era la persuasione finalmente radicatasi nel suo cervello che egli non fosse abbastanza nobile per lei. A poco a poco, giorno per giorno, aveva riconosciuto che i suoi parenti dicevano giusto quando denigravano i Giulente; e nonostante le accuse rivolte al principe, aveva fatto la pace, cedendo per la prima, affinchè non si dicesse che gli Uzeda sdegnavano di trattarla. E quanto più Benedetto le stava dinanzi sommesso, tanto più ella riconosceva di avergli accordato una grazia speciale, sposandolo. Le opinioni liberali di lui, un tempo ammirate, adesso l’esasperavano come una prova di volgarità. I puri erano tutti borbonici; lo zio duca e qualche altro facevano i liberali perchè ci speculavano su. Se il patriottismo avesse fruttato qualche cosa a suo marito, un grande onore o molti quattrini, meno male; ma quei principii da straccione professati senza costrutto dimostravano insieme la bassa origine e la sciocchezza di Benedetto. Adesso, per vantarsi di quel ciondolo, di quel titolo di cavaliere toccato agli ultimi scalzacani, bisognava sapersi discendenti da mastri notari! Benedetto ci rideva un poco, ma a malincuore, e una volta, anzi, da solo a sola, le disse:

— Potresti smetterlo, questo scherzo.

— Scherzo? Che scherzo? T’hanno fatto cavaliere, sì o no? È verità o è menzogna?

E per farsi un vanto del suo rigorismo, non contenta d’aver messo in ridicolo quella nomina, andava a dire dinanzi a donna Ferdinanda o a don Blasco:

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