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I Vicerè | 497 |
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Egli abbassò le ciglia, dicendo:
— Il Beatissimo Padre vuole, senza merito mio, destinarmi alla sacra porpora...
Furbo, quello lì: arrivato a furia di furberia!... Consalvo se lo propose come modello. Frattanto, invece di fuggire Mazzarini, lo andò cercando, si fece guidare da lui alla Camera ed al Senato per esaminar subito il campo della sua azione futura. Allora comprese che se ad occupare un posto di deputato gli mancava soltanto l’età, gli occorreva qualche altra cosa per salire più alto. Per questo, tornato a casa, nessuno lo riconosceva. Persuaso che gli conveniva studiare, cominciò comprare libri su libri, d’ogni genere e d’ogni grossezza: li divorava da cima a fondo o li spilluzzicava prendendo note, pieno di buoni propositi, sul principio, disposto a fare sul serio. Tutte quelle materie erano tali che non occorreva l’opera del maestro: bastava la preparazione superficiale che egli possedeva e la naturale intelligenza. Il latino dei monaci, quello studio detestato, adesso gli giovava a qualche cosa. Più tardi, col fervore d’un neofita, con la presunzione degli Uzeda che non conoscevano ostacoli, comperò grammatiche e libri di lettura spagnuoli, inglesi e tedeschi per apprendere da sè quelle lingue.
La fama della sua conversione si diffuse subito. Stupiti, sospettosi o rallegrati, i parenti, gli antichi amici, gli stessi servi, dissero che stava tutto il giorno a tavolino. Associatosi al Gabinetto di lettura, lui, il fondatore del Club aristocratico, vi andava a discutere di politica e d’amministrazione, a criticare o lodare uomini e cose, a nominare autori e citar opere. Una sera che Giulente e il duca, in casa di quest’ultimo, discutevano a proposito dei dazii di consumo, se convenisse meglio al municipio appaltarli o riscuoterli per conto proprio, Consalvo disse la sua, con grande sfoggio di erudizione. Uscendo di lì, Benedetto esclamò con tono scherzoso di protezione:
— Ti faremo consigliere comunale, appena avrai l’età!...
I Vicerè — 32 |
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